Sabelt, dopo il riacquisto Marsiaj punta allo shopping

da Repubblica.it, Salvatore Tropea:

Sabelt, dopo il riacquisto Marsiaj punta allo shopping

CEDUTA NEGLI ANNI OTTANTA AGLI AMERICANI DI TRW E POI RICOMPRATA, VENDUTA DI NUOVO A BOMBASSEI E RIACQUISITA L’ANNO SCORSO. ORA VUOLE RADDOPPIARE I RICAVI. INIZIANDO A SUA VOLTA A FARE ACQUISIZIONI

Salvatore Tropea
1997-festa_25_anni

Il nome sta a pieno titolo in quell’aristocrazia dell’industria torinese che resiste al tramonto della capitale italiana dell’auto avendo da tempo conquistato dimensioni e prestigio internazionali. E il termine di aristocrazia non è poi fuori posto quando si parla della Sabelt, azienda che fa capo a Giorgio Marsiaj e alla sua famiglia, ovvero i signori delle cinture di sicurezza per vetture da competizioni e di serie. Signori, non solo per la loro storia che gli studiosi di araldica fanno risalire a un tal Pietro Antonio Marsiai (senza la j finale), lontane origini ungheresi e tracce certe in un Consiglio di Feltre del 1666, anche se il blasone arriverà nel 1896. Osservata oggi la Sabelt colpisce per l’intuizione che sta alle sue origini e per l’opzione attuale di restare in un habitat dove conta il “sapere dell’auto” anche con meno auto di una volta. Una scelta che spiega e legittima la recente elezione di Giorgio Marsiaj a presidente dell’Amma, l’Associazione delle aziende metalmeccaniche di Torino, antesignana remota della Confindustria. Il nome Sabelt rimanda alle parole inglesi safety e belt, cioè sicurezza e cintura. Perché di questo si tratta quando si fa riferimento all’azienda di Moncalieri, periferia sud di Torino, dove oggi si progettano e si costruiscono dai sedili della Ferrari e alle cinture speciali per aviazione e aerospazio. Una storia lunga quasi settant’anni che Giorgio Marsiaj, fondatore e oggi presidente esecutivo, racconta cominciando appunto da Feltre da dove il padre Michele partì per approdare, dopo una parentesi milanese, a Torino chiamato dalla francese Zenit (carburatori) di cui diventa amministratore delegato. Nel 1947 e nella Torino del dopoguerra Michele Marsiaj mette in piedi un’attività commerciale che opera nell’automotive, nel senso che importa componenti per l’industria dell’auto che sta ripartendo dopo il conflitto. Con gli eredi Piero e Giorgio l’azienda si diversifica e si trasforma in una holding di famiglia. Giorgio sembra destinato a una carriera diplomatica ma ai felpati ambienti delle ambasciate preferisce i rumori vitali delle fabbriche. «Mi stavo per laureare quando cominciai a interessarmi alle cinture di sicurezza che allora erano un prodotto per le auto da corsa o comunque sportive, non essendo stata ancora approvata la legge sulla obbligatorietà per le vetture da strada». È il 1972, data di nascita della Sabelt che comincia con una licenza di produzione della Britax inglese. «La fabbrica era di fronte a Mirafiori, un perfetto esempio di just in time. Presto ci spostiamo nell’area industriale di Moncalieri e anche qui si susseguono i traslochi perché l’azienda cresce». Intanto le cinture di sicurezza diventano obbligatorie, grazie a una sapiente lobby dei torinesi e la Sabelt equipaggia la Fiat Uno, il fortunato modello che Vittorio Ghidella presenta a Cape Canaveral. «Nel 1985, appena tredici anni dopo la nascita dell’azienda, arriviamo a fatturare 33 miliardi di lire e rappresentiamo il 60 per cento del fabbisogno di Fiat, Lancia e poi anche Alfa Romeo». A metà degli anni Ottanta l’acquisto dell’80 per cento del brand Sabelt da parte degli americani di Trw, gruppo che fatturava allora 7 miliardi di dollari, consente agli acquirenti di avvicinarsi al mondo Fiat e ai torinesi di conquistare pezzi di mercato all’estero e nuove tecnologie. Giorgio Marsiaj rimane comunque al comando di Trw Italia a garanzia di una continuità che a fine anni Novanta si traduce nel riacquisto di Sabelt. Nell’orizzonte dell’azienda di Moncalieri non ci sono più le sole cinture di sicurezza ma anche i sedili per le vetture sportive, gli air bag, i sistemi di sicurezza per bambini (settore che non è stato mai ceduto). Poi nel 2008 è il gruppo Brembo a entrare in Sabelt. «L’idea era quella di creare un polo dell’alto di gamma dell’automotive italiano. Ci conoscevamo con Bombassei che però, essendo la sua azienda quotata in Borsa, pretese la maggioranza». È l’epoca in cui si rafforzano i rapporti con Ferrari ma anche con altri prestigiosi nomi mondiali dell’auto sportiva, da competizione e non solo. Come con Trw anche con Brembo a un certo punto però Marsiaj decide di “riportare tutto a casa” e ricompra il brand di famiglia. È il 2015. Quarantaquattro anni dopo la sua nascita, la Sabelt è sempre a Moncalieri, per dire un’area in cui la Fiat non è più quella che a Torino produceva 1,2 milioni di vetture all’anno ma ci sono radici forti del settore. «Qui a Torino ho accesso a tutte le tecnologie di cui ho bisogno, qui si progetta tutto e si produce tutto anche per il mondo. Le conoscenze sono qui e la manifattura è qualcosa di importante, vitale, disponendo di qualità che fanno sì che Torino e l’Italia non siano uno stabilimento e basta». Risultato di tutto questo: due stabilimenti, 150 dipendenti. A parità di perimetro tra il 2014 e il 2016 il giro di affari della Sabelt è passato da 25 a 30 milioni di euro con una previsione di raggiungere quota 60 milioni entro il prossimo triennio. «Buone prospettive di crescita interna, possibili acquisizioni. Ma restando sempre di casa a Torino, aggiunge Marsiaj. I suoi competitor sono i generalisti come Johnson Control e Lear ma quando si parla di vetture da corsa e rally e sportive il pensiero corre a Sabelt. E alla famiglia Marsiaj che oggi ha di nuovo il controllo: presidente operativo, Giorgio Marsiaj, vicepresidente con delega al business development il figlio Massimiliano: degli altri due figli Ilaria vive a Torino e Gregorio a Londra dove cura il ramo immobiliare delle attività di famiglia. Giorgio Marsiaj, ha una biografia in cui sono elencati un numero imprecisato di incarichi tutti o quasi riconducibili alla sua attività. E’ stato uno dei saggi di Confindustria per l’ultimo cambio di guardia che ha portato Boccia alla presidenza e da qualche settimana è anche numero uno dell’Amma di Torino. “L’Amma è il mio mondo e io considero il mio impegno come un civil service”. Proprio come amava dire l’Avvocato. Torino Nel disegno, il presidente esecutivo di Sabelt Giorgio Marsiaj visto da Massimo Jatosti.

 

Condividi: